Accettare lavori dagli amici?

Solo se le regole del gioco sono chiare (e queste solo le regole che avrei dovuto chiarire io)

La storia è sempre la stessa e inizia così: un progetto raccontato davanti a una birra, tu pensi che sarebbe bello farne parte, «siamo in partenza hai qualcuno da consigliarmi», snoccioli un paio di nomi e vieni interrotto dalla frase successiva: «in realtà mi sarebbe piaciuto chiedere a te, tu accetti lavori dagli amici?». Non te l’aspettavi ma sei felice, diciamo la verità, se non te l’avessero chiesto ti saresti offeso.

Sì, li accetti i lavori dagli amici. O forse no, avevi deciso di no, non li accetti più. Ma non importa: per questo lavoro farai un’eccezione. Mentre ti raccontavano il progetto hai avuto un sacco di idee, ti ritrovi a pensare che non avete nemmeno iniziato e il più è già fatto, sarà tutta in discesa, non accettare sarebbe da stupidi.

Le premesse sono ottime, quindi non è chiaro come si arriva al punto in cui ti trovi a pensare che sei stato proprio stupido ad accettare. La risposta, data da una che questa storia l’ha vissuta più di una volta, è metà in questo post e metà in questo video.

Amici ≠ clienti

Fino a quel momento stava funzionando tutto così bene, dove hai sbagliato? È come fare un ordine su ASOS, ricevere il pacco e scoprire che nessuna delle cose che hai acquistato – nessuna, nonostante i tuoi anni di esperienza in acquisti online – ti sta bene. Come hai fatto a non accorgertene? E perché il reso gratuito – che permette di rimettere tutto nel pacco e rispedirlo al mittente, di annullare l’intero processo in un solo gesto, di comportarsi insomma come se niente fosse successo – in questo caso non è possibile?

Quante domande. Partiamo da quella più importante: dove hai sbagliato.

La madre di tutti gli sbagli è stata pensare che lavorare con gli amici sarebbe stato facile visto che ci vai così d’accordo, che la pensate allo stesso modo, che vi capite con un solo sguardo. Il cappello di paglia che durante la vacanza a Santorini ti sta un amore diventa ridicolo se lo indossi a Torino; per le persone vale lo stesso: a seconda del contesto in cui agiscono mostrano lati diversi di sé. E meno male, immagina se i tuoi clienti si comportassero con te come si comportano al matrimonio del migliore amico. È vero che alcuni rapporti sono fatti per funzionare in contesti diversi e che ci sono cappelli che puoi mettere sempre, ma, secondo me, sono la minoranza. Ci sono amici da nottata-in-discoteca che non superano il test serata-al-cinema, figurati cosa succede se il passaggio è brusco come quello da amici a cliente-fornitore.

In altre parole: quando inizi a lavorare con un amico stai iniziando un film di cui non conosci la trama. L’hai già visto recitare altri ruoli ma non è detto che così capirai meglio quest’opera. Anzi, quello che sai potrebbe distrarti.

Le regole del gioco

Per questi motivi è importante scrivere un contratto dettagliato prima di iniziare. Nel contratto non devono mancare:

  • il numero di ore che dedicherai al progetto, sia al giorno/settimana sia nel complesso
  • il numero di riunioni previste e l’oggetto di quelle riunioni (a grandi linee, lo definirete più nel dettaglio)
  • cosa succede se le riunioni non sono possibili: si possono riprogrammare? Con che preavviso e quante volte è possibile annullarle?
  • il luogo dove si terranno le riunioni: deve essere neutro, non casa tua o casa sua, né il bar in piazza
  • cosa succede se il cliente sparisce, non rispetta i tempi di consegna: il lavoro va avanti lo stesso o si aspetta un suo feedback in eterno?
  • i canali di comunicazione che userete e i canali che invece sono vietati
  • cosa succede se scoprite che lavorare insieme non funziona: chi rimborsa chi e quanto
  • qual è il giorno di consegna e quante modifiche sono previste durante i lavori e dopo la consegna

Mettere in ordine le aspettative

Ma il bello deve ancora venire: scritto il contratto arrivano le responsabilità, che sono almeno due.

Sulla prima io fallisco alla grande. Mettiamo che a inizio lavori ho chiesto di usare Trello ma il mio cliente/amico mi scrive via SMS. Io dovrei ricordargli che abbiamo una board su Trello, giusto? Ma no, quello che faccio è pensare di aver sbagliato: forse Trello è troppo difficile da usare, forse dovrei essere meno rigida e tra un forse e l’altro finisce che mi adatto a usare gli SMS. Il disastro a quel punto è dietro l’angolo: comunicazioni perse, ritardi nelle risposte, una marea di tempo impiegato a ricostruire le fila del discorso. Questo per dire che se stabilisci delle regole è tua responsabilità farle rispettare.

La seconda responsabilità che hai in quanto fornitore è fare capire al tuo cliente/amico in cosa consiste il tuo lavoro. È probabile che lui ne abbia solo una vaga idea, che per chiederti di collaborare si sia basato sulle poche informazioni che ha raccolto sentendoti parlare, che sul resto abbia formulato supposizioni e mal riposto aspettative. Parlo con cognizione di causa quando ti dico: prima di accettare questa collaborazione prenditi del tempo per descrivere nei dettagli il tuo lavoro, digli cosa fai, digli cosa non fai. Meglio una conversazione inutile oggi che ritrovarsi domani a giustificare il tuo operato davanti all’imbarazzante osservazione: «visto che ti occupi di X avevo dato per scontato che facessi anche Y».

Non fai anche Y, non vuoi essere contattato su WhatsApp, il tempo del lavoro non può essere il tempo del gossip: se iniziare con tutti questi paletti ti mette a disagio forse la risposta che devi dare davanti a quella birra è «no, non accetto lavori dagli amici».

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