Nel marketing online della tua attività c’è stato un prima e un dopo. Prima hai provato a raccontare la tua attività solo quando avevi davvero qualcosa da dire, con un ritmo di pubblicazione che si poteva misurare in ere geologiche. Poi ti sei dotato di costanza, ed è arrivato il dopo.
La costanza è un’alleata potente, ma si presenta alla porta più spesso di quanto vorresti. Il problema del dopo del tuo marketing online è che non hai nemmeno finito di pubblicare un contenuto e già è ora di pensarne uno nuovo. E come se non bastasse non puoi pubblicare un contenuto purché sia, assemblarlo e buttarlo giù velocemente, perché ogni volta è una lotta tra due forze uguali e contrarie: un obbligo e una necessità.
Obbligo e necessità
Trovare un equilibrio tra l’obbligo di essere autentici e la necessità di pubblicare qualcosa con una certa frequenza è difficile. Non c’è da stupirsi se ogni settimana ti ritrovi davanti a una pagina bianca con in testa una domanda: «come si fa a inventarsi cose sempre nuove da dire?». Sappi che non sei solo – io oltre a scriverci questo post ci ho girato questo video.
La necessità di pubblicare qualcosa la conosce bene chiunque abbia un suo spazio online: i nostri blog, account Instagram, canali YouTube, Pagine Facebook, newsletter ci chiedono di non essere abbandonati, di programmare con buon anticipo una serie di contenuti interessanti coinvolgenti e magari anche promozionali (ma non troppo).
L’ondata dell’autenticità invece è cosa recente. È iniziata con inni alla vulnerabilità (sacrosanta e necessaria) per poi prendere una piega inaspettata; si è trasformata in condivisione non mediata di umori di ogni tipo su ogni canale che così è diventato (proprio in nome dell’autenticità) un diario segreto-non-segreto. Questa ondata ci dice che dobbiamo essere spontanei, veri, senza trucco e senza veli, dobbiamo donarci, aprirci. Ma contemporaneamente essere carini e presentabili (o in alternativa completamente impresentabili) e se possibile circondati da pochi oggetti di colori complementari.
Inutile stupirsi se al «come si fa a inventarsi cose sempre nuove da dire?» rispondiamo con un’altra domanda: «non ti sembra di pretendere un po’ troppo?».
Concorrenza interna
Sì, le pretese sono alte. Solo cinque anni fa se eri un consulente che voleva promuoversi online facevi così: aprivi il tuo blog e scrivevi un post. Abbinavi al post una foto trovata online (in Creative Commons) e pubblicavi il link su Twitter e su Facebook. Le persone lo leggevano. Il giorno dopo guardavi gli accessi su Google Analytics.
A distanza di pochi anni è molto più complicato: chi sceglie di raccontare la sua attività online deve saper scrivere, scattare, girare video, registrare audio. Hai aperto un account Instagram oppure hai preso in casa un barattolo di Pasta Madre? Perché il tempo e le energie per farlo crescere sono le stesse.
Come se non bastasse la concorrenza si è triplicata, non solo perché ci sono più persone che si raccontano, ma perché ognuno di noi si racconta su tanti canali contemporaneamente, chiedendo al suo pubblico molta più attenzione di quanto lui possa dargli – anche perché nel frattempo non è online: sta facendo un digital detox con il maestro di mindfulness.
Abbracciare la banalità
Il lato positivo è uno: non c’è niente di nuovo da dire. E quando tutto ciò che c’era da dire è già stato detto siamo sollevati dalla responsabilità di essere originali, di tirare fuori dal cappello idee straordinarie. Possiamo occuparci delle cose ovvie e banali ed è molto più facile.
Spesso dico di abbracciare la banalità. A quel punto mi viene chiesto cosa ci sarebbe di positivo nella banalità; io ringrazio per la domanda e dico:
- il fatto che la mia banalità non è la tua banalità; se mi racconti le tue cose banali con ogni probabilità le troverò curiose quanto basta per starti ad ascoltare
- che la banalità comprende giornate fatte di piccole cose sempre uguali tra loro, talmente scontate per tutti noi che nessuno si occupa di notarle, motivo per cui finiscono per essere dimenticate. Ma le piccole cose dimenticate e allo stesso condivise da tutti sono alla base di ogni racconto di successo (Amèlie con la mano nel sacco di fagioli, presente?)
Su questo secondo punto ragiono ogni volta che devo scrivere un post o girare un vlog: qual è una cosa banale che accomuna – se non tutti – almeno me e il mio pubblico?
Ecco come nascono i miei contenuti: pensando a quell’intersezione tra me che li devo scrivere (ma come, di nuovo, è già passata una settimana?) e le persone che li leggeranno. Cosa abbiamo in comune? Il fatto che dobbiamo trovare cose sempre nuove da dire, ad esempio.