Una volta a settimana vado a fare colazione in un bar-pasticceria in Corso Moncalieri, quasi fuori città. Si tratta dell’unico bar in zona; ce n’è un altro per vecchi che giocano alle macchinette e bevono grappa, ma quello non è veramente un’opzione per me – così come per i vecchi non è un’opzione andare nel bar-pasticceria.
Qualche mese fa di fronte al mio bar-pasticceria (e quando dico di fronte intendo letteralmente di fronte) ha aperto un enorme bar del franchise «Vergnano 1882». Se non li conoscete sono bar carini, caldi e salottosi, loro li chiamano «coffee shop», in effetti hanno l’aria un po’ internazionale: dentro ci sono giovani baristi molto gentili che ti danno del lei e c’è un tavolone conviviale con le tortiere in vetro e le brioche.
Il mio bar-pasticceria invece è gestito da due signore carine che alla terza volta che vai ti chiedono «come va tesoro?», si informano sul tuo lavoro, si preoccupano se bevi il cappuccino lentamente (forse è troppo caldo? Vuoi un’aggiunta di latte freddo?) e vanno e vengono dal retro del negozio, dove il marito di una delle due sforna tantissimi tipi di brioche molto buone.
Poco dopo l’apertura del Vergnano le due signore hanno rinnovato l’arredamento. Prima c’erano i tavolini di marmo chiaro e le sedie classiche da bar (quelle senza braccioli, con lo schienale in legno incurvato e la seduta in vimini). Ora ci sono degli angoli-salottino (un divano, due poltrone, tavolo basso).
Non so se è stato fatto consciamente oppure no, ma l’emulazione del modello Vergnano è evidente, pure nei colori. E secondo me è sbagliata, perché non hanno considerato queste cose:
- Le abitudini dei clienti, che – almeno a colazione – vanno nel loro bar da soli o in coppia, quindi il salottino è uno spreco: occupano il tavolo ma non tutti i posti.
- Le risorse disponibili: lo spazio è piccolo, l’arredamento molto più ingombrante, hanno perso dei coperti.
- L’esperienza utente: ora quando mangi il cornetto non puoi mettere le gambe sotto il tavolo, quindi ti sbricioli sulla gonna (o almeno, questo è ciò che succede a me). Anche il Vergnano ha i divani e i tavoli bassi, ma ho notato che quasi nessuno li sceglie per colazione: stanno tutti al bancone oppure ai tavoli normali da pasto.
- Il posizionamento: i divani sono di plastica morbida nera, non è brutta, ma sa di catena, di «consumo un cappuccino e uso il wifi gratis tutto il giorno». Il marmo è tipico di molti bar storici a Torino, quelli che scegli quando sei alla ricerca della qualità (almeno apparente).
- I bisogni, che forse è la cosa più importante. L’arredamento è solo l’espressione visiva di un modo di fare le cose che risponde a delle necessità precise – sentirsi coccolati, fare due chiacchiere, raccontare i fatti tuoi e sentire i fatti di altri, sentirsi parte di una comunità – ma è importante, perché ti permette di essere riconosciuto. Ora il bar, dato che sembra una catena, non è più riconoscibile per quello che è.
La reazione più comune quando si tratta di concorrenza è iniziare a fare le cose come le fa qualcun altro. Ed è anche la più sbagliata.
La cosa da fare, secondo me, è concentrarsi sul proprio modo di fare le cose, chiedersi perché piace ai propri clienti, e poi continuare a farlo, ancora di più, ancora meglio.