Mentre leggevo Writing that works (un libro che consiglio di procurarsi) sono rimasta colpita da una frase. Si parla di interventi in pubblico, di slide, di come scrivere un discorso che funziona, e l’autore dice:
«The biggest single mistake in presentations is to start by cataloging your credentials, telling people how terrific you are»
(Il più grande errore che puoi fare durante una presentazione è iniziare elencando le tue credenziali, dicendo alle persone quanto sei fantastico)
Mi ha colpito per due motivi. Il primo è che la maggior parte degli interventi pubblici si apre proprio così: con lo speaker che ti dice quanto è fico. E in effetti, scusate: data l’esigenza di presentarsi, di dire al tuo pubblico chi sei, c’è un altro modo di aprire un intervento? Ci ho pensato e nella mia memoria ho ritrovato pochi speech con un pattern diverso da questo, e li ricordo tutti con molto piacere – ad esempio questo, di Marco Zamperini: consiglio di vederlo fino al minuto 2:59. (Ciao FunkyProfessor, ci manchi molto.)
Il secondo motivo per cui questa frase mi ha colpito è che non si applica solo agli interventi in pubblico, ci sono molti altri ambiti dove vedi lo stesso atteggiamento:
- ricevere una newsletter il cui punto non è darti uno straccio di informazione utile, ma farti adorare chi te l’ha mandata;
- leggere siti interi di gente che spende tutte le proprie energie per dirti quanto è fico, e se cerchi informazioni sull’offerta o sugli orari di apertura rimani a bocca asciutta;
- partecipare a corsi di formazione costruiti intorno al formatore e non ai corsisti, in cui il messaggio principale sembra essere «guarda quante cose pazzesche ho fatto».
Crederci per primi
Il rovescio della medaglia è che spesso mi trovo a insistere con i miei clienti perché facciano proprio quello che questa frase vieta: dire al mondo quanto sono fighi, dirlo e crederci, perché se non ci credi tu per primo è impossibile che lo facciano gli altri. Se non sei tu a dare le tue credenziali, chi altro dovrebbe farlo?
Se la prendi alla lettera, la frase di questo libro è controproducente.
Quindi: qual è il discrimine? Dov’è lecito arrivare, fin dove ha senso elencare le tue credenziali, dicendo alle persone quanto sei fantastico, e dove invece questa cosa diventa fastidiosa?
Una domanda
Ci ho pensato su per tre settimane buone. Alla fine mi sono risposta che è soprattutto una questione di atteggiamento, e la linea di confine che ho tracciato per me è segnata da una domanda: perché sto dando questa informazione?
Ad esempio uno potrebbe scegliere di dichiarare quanto ha fatturato quell’anno – sono in molti a farlo, soprattutto tra gli americani. È un tipo di contenuto che può essere estremamente utile o estremamente fastidioso, non ci sono molte vie di mezzo per come la vedo io. Puoi dichiararlo in modo costruttivo: analizzando i fattori che ti hanno portato fino a quel punto, in modo che questo sia utile a te per fare il punto, e ad altri come fonte di ispirazione o persino di organizzazione. Oppure puoi farlo per darti una pacca sulle spalle da solo, per rivalerti su situazioni spiacevoli che ti sono successe, su clienti che ti hanno abbandonato, su colleghi che non hanno creduto in te. La differenza tra i due casi è palese, e nel secondo caso mi chiedo: ha senso dichiararlo in pubblico? Secondo me no.
Credo che la domanda «perché sto dando questa informazione» mi girasse in testa da tempo, ma ora grazie alla lettura di Writing that Works l’ho messa a fuoco per bene, e ne sono felice. Direi che in effetti il mio modo di pubblicare cose online si può riassumere in questo dialogo immaginario:
«Perché sto dando questa informazione? Serve a qualcuno? Se sì: la do. Se no: ciao, la tengo per me.»
Porto in pubblico questo dialogo immaginario perché, appunto, se è utile a qualcuno sono felice di prestarglielo.