Io e Ivan ci siamo conosciuti su Twitter, grazie a un post sul blog di Federica che si intitolava «Il futuro dell’editoria è più complicato di così». Io il blog di Federica l’avevo nel Reader di Google da un pezzo, e quel post l’ho letto e mi sono innamorata. Non nel senso di innamorata che me lo volevo sposare eh, ma innamorata come ci si innamora di quelli che dicono cose che ti piacciono, e che la prima volta che li leggi sai che non li abbandonerai più, leggerai tutto quello che scriveranno da lì in poi. E infatti è andata così.
Quel post parlava degli ebook e cose così, ma forse quella degli ebook era più una scusa per dire altro. Come per esempio che dovevamo smettere di farci le pippe mentali e di girare intorno alle cose. O almeno, io l’ho letto così. Specie quando diceva: «sul serio, io ho bisogno di sostanza. Di ragionamenti articolati. Di un vero content che sia un vero cazzo di king, un despota come dio comanda. Di interviste che abbiano più di tre domande, di analisi cazzute, di sintesi accurate». (Se volete potete innamorarvi anche voi, ve lo concedo.)
Quindi ho commentato il post dal mio Mac nuovo di pacca nella mia stanza a Copenhagen (non commentavo e non commento quasi mai, ma quella volta sì) e l’ho seguito su Twitter. E da allora abbiamo iniziato a chiacchierare su Twitter, specie per commentare le cose che uscivano sul Post, o per prendere in giro i book blogger che sniffano libri. Non abbiamo mai smesso di chiacchierare su Twitter, e non solo lì, ma anche.
Ho letto che Maya Angelou ha imparato che «puoi capire molto di una persona dal modo in cui affronta queste tre cose: una giornata di pioggia, la perdita del bagaglio, e l’intrico delle luci dell’albero di Natale». Io le affronto malissimo tutte e tre, come affronto malissimo la connessione internet lenta, che dicono è un’importante test per decidere se sposare uno oppure no. Forse Ivan non sa di dover tenere presente questi elementi, perché nonostante tutto un giorno mi ha detto che aveva guardato gli orari in comune, e che comunque sposarsi non è una cosa complicata, che basta una marca da bollo, e sarebbe molto bello.
Alcune persone per dirsi le cose importanti hanno bisogno di semplificarle tanto che ad altre persone quelle cose possono sembrare spoglie, ma la verità è che le cose semplici, magari dette sotto voce, sono bellissime, perché se ne stanno lì, tutte intere, senza fronzoli, e le puoi ascoltare per bene, sentire che suono fanno quando ti entrano dentro.
Quando mi chiedono «ma tu davvero pensi che su internet si possono fare amici» io non riesco nemmeno a rispondere, perché ho talmente tanti esempi da fare che mi si imbottigliano in testa, e quindi dico solo sì.
Uno non può mai sapere le conseguenze di quello che pubblica online. Ad esempio Federica non lo sapeva che io e Ivan ci saremmo conosciuti grazie al suo blog, e io non lo so quello che succederà con questo mio post. Ma non è che offline sia diverso, anzi, e pretendere di tenere separati gli spazi è sbagliato. Se uno è diffidente online lo è anche offline. Se uno si innamora online, rimane innamorato anche a connessione spenta.
Al massimo, se uno vuole, può dire che quelli sono due spazi dove le cose le percepisci diversamente. E internet per me è sempre stato lo spazio dove le cose se ne stanno lì, tutte intere, senza fronzoli, e le puoi ascoltare per bene, sentire che suono fanno quando ti entrano dentro.