Internet spiegato a scuola

Mia sorella lavora alle Scuole Medie e mi ha mandato delle foto da un testo di antologia che spiega internet. Il contenuto è agghiacciante.

Mia sorella lavora alle Scuole Medie e mi ha mandato delle foto da un testo di antologia che spiega internet. Il contenuto è agghiacciante per diversi motivi, ve lo incollo qui, e di seguito aggiungo le mie osservazioni.

Il testo è Oltre il Duemila di Agorà. Si tratta di un testo del 1999, la copia di mia sorella è ristampata nel 2004, e viene letta nel 2014 nella sua e in non so quante altre Scuole Medie italiane.

Negli ultimi anni a far sognare gli appassionati di informatica è stato Internet, una rete telematica di facile accesso, in grado di offrire una quantità praticamente illimitata di informazioni di ogni genere. Per entrare un questa rete sono sufficienti un computer, un telefono e un modem […]. Aprendo un conto presso un «fornitore di inter-connettività» (cioè un’agenzia di collegamento, o un provider) si potrà diventare titolari di una porta d’accesso, dalla quale inizierà il viaggio nel cyber-spazio, ossia negli infiniti meandri della rete.

Innanzitutto a ogni cyber-navigatore vengono attribuiti un nome e un indirizzo di posta elettronica che gli consentono di trasmettere e di ricevere messaggi, diventando potenziale corrispondente di un popolo di circa 60 milioni di utenti (600mila solo in Italia). Ma lo scopo per cui è sorto Internet non è solo quello di consentire uno scambio di «posta elettronica», bensì quello di fornire l’accesso a un numero strabiliante di informazioni di ogni genere. […]

Oggi la maggior parte delle tecnologie più avanzate nel campo dell’elettronica ruota attorno a Internet. Ecco qualche esempio di apparecchi già in vendita o di imminente diffusione: telefoni cellulari apribili al cui interno si trova un computer con porta aperta su questa rete, computer a basso costo e privi di memoria, […]. L’elenco potrebbe continuare, naturalmente, ma crediamo di aver suggerito un’idea abbastanza chiara di ciò che ci riserverà il prossimo futuro nel cyber-spazio.

Gli utenti di Internet hanno addirittura messo a punto un linguaggio ricco di neologismi e di termini contratti.

Le cose che mi vengono in mente sono:

  • Chi è quel pazzo che ha deciso di adottare un testo del ’99, che è vecchio di quasi vent’anni, per spiegare ai dodicenni cosa c’è “Oltre il Duemila”?
  • Ci sarà qualcuno che poi spiega a questi dodicenni che devono mettere quello che leggono in prospettiva? Che per esempio gli utenti di Internet non sono 60 milioni ma mooolti di più? (E qui non è tanto il dato che conta, ma fargli notare come in poco tempo è cambiato tutto, e Internet non è l’eccezione ma la regola.)
  • È per questo che abbiamo bisogno che progetti come Per Mille Molucche diventino realtà.
  • Noi che stiamo tutto il giorno su Twitter a leggere e parlare di futuro della scuola non abbiamo nessuna, nessunissima idea di quello che stiamo dicendo.
  • Cosa pensano i dodicenni quando leggono questo testo? L’ho chiesto a mia sorella, mi ha mandato la foto dell’esercizio di comprensione del testo, in cui alla domanda “come si fa ad accedere a Internet” non viene risposto “accendendo l’iPad di papà”, ma copiando la frase che si trova nel testo, quella dei cyber-navigatori che hanno ognuno un indirizzo di posta elettronica. (E qui vi prego, facciamo tutti un minuto di silenzio.)
  • Metti che sei un’insegnante e ti ritrovi questo testo tra le mani, ormai il danno è fatto, ma puoi almeno sfruttare l’opportunità per dire ai tuoi studenti «ehi, quando rispondete alla comprensione del testo accendete il cervello». Voglio dire, questo poteva essere un esercizio per «notare le differenze» rispetto a com’era una volta, e invece no, becchi un voto alto se copincolli dal testo – anche se il testo è sbagliato. Ma se non gli insegni ora ad avere spirito critico e a sviluppare una loro opinione, quando glielo devi insegnare?
  • A questo punto mi pare chiaro che fino a quando vivrò continuerò a incontrare clienti (e colleghi!) che parlano di «community» e «blogger» e «influencer» come se si trattasse di misteriosi utenti del cyber-spazio, e non di persone a tutti gli effetti. Questo problema di considerare «il popolo del web» come una cosa distinta da tutti noi non si risolverà mai, ora ne ho le prove. (E ora lasciatemi sola, sono tristissima.)

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