L’hanno detto più o meno tutti, i codici QR sono morti (tranne in Cina, lì pare che funzionino ancora). Per le ragioni del fallimento consiglio di leggere l’analisi di Alex Kutsishin, ma in sintesi – secondo me – i motivi più evidenti sono due.
- Dal punto di vista del marketing: se tutta la tecnologia ti permette di scegliere il tuo pubblico con estrema precisione, il codice QR no. Lo incolli sul cartellone pubblicitario e poi non sai chi lo scannerizza, e questo è poco interessante.
- Dal punto di vista dell’utente: i codici QR ti danno tutto tranne la «Quick Response» che il loro nome promette. Questo dipende dalle app con cui uno li legge, ma anche dal fatto che nella maggior parte dei casi conducono a un contenuto lento e pesante, e soprattutto noioso, come uno spot pubblicitario. Questo non è poco interessante, ma proprio deludente.
Internet of things
Quando i codici QR sono usati per aumentare le possibilità degli oggetti da cui siamo attorniati, allora sì che le cose si fanno interessanti. Ma come sempre: l’idea non è nulla in sé, ciò che conta è l’esecuzione. E l’esecuzione spesso lascia a desiderare.
Ad esempio Mercedes ha inserito un codice QR nello sportello del serbatoio delle sue macchine per «salvare delle vite»: in caso di incidente chi ti deve soccorrere ha la planimetria della tua macchina a portata di scan, e può agire senza incertezze. Ora, voi ve lo immaginate il tizio del 113 che arriva sul posto, individua la macchina cappottata e dice ai suoi: «ehi ragazzi, non vi preoccupate, è tutto sotto controllo, si tratta di una Mercedes!», poi zompa sulla macchina, che è sempre cappottata e sempre con il malcapitato dentro, e apre lo sportello, tira fuori il telefono, legge il QR, e finalmente individua i danni alla vettura e gli eventuali pericoli che l’autista sta correndo – tra i quali: essere soccorso da qualcuno che invece di soccorrerlo legge i codici QR? Grazie a dio non ho una Mercedes.
Altra cosa su cui sono perplessa: gli smart books, quelli con i codici sulle pagine, che se li scannerizzi parte il video o la musica di cui il libro ti sta parlando (per un approfondimento: intervista a Judith Curr di Atria Books). Non ho i dati delle vendite (e se qualcuno di voi ha notizie in merito mi faccia sapere) ma non vedo perché mentre leggo un libro, per poter completare l’esperienza dovrei tenermi a portata di mano anche il telefono. Io quando leggo un libro, per di più di carta, è proprio perché voglio dimenticarmi di tutto il resto.
L’esecuzione è tutto
Quando invece il marketing non c’entra succedono cose interessanti. Ad esempio Square Tag, che ti permette di associare ai tuoi oggetti più cari un codice QR e un cloud (ospitato da loro, da te stesso, o da un altro servizio), dentro al quale puoi archiviare e soprattutto scambiare informazioni. Si tratta di «The internet of me and my things», come dice Doc Searls, che a differenza di tramutare gli oggetti in piattaforme di informazioni (come nel caso di Mercedes) li trasforma in piattaforme di relazione. Il cloud ti permette di parlare con chi ha prodotto quell’oggetto (che magari carica un aggiornamento o un nuovo manuale di istruzioni), di dialogare con chi trova il tuo oggetto smarrito (che scannerizza il QR e si mette in contatto con te, attraverso un messaggio che puoi cambiare quando vuoi dato che è sul tuo cloud), di registrare delle informazioni a ogni lettura del QR, per poi interrogare l’oggetto quando avrai bisogno di accedere a quelle informazioni (ad esempio nel caso di una bilancia, che registra l’andamento del tuo peso nel corso dell’anno).
I QR per le aziende
La seconda vita dei codici QR secondo me nasce da qui, dal creare oggetti dotati di una «realtà aumentata» dove l’aumento sta nelle possibilità di chi li usa, e non nelle page views di una campagna pubblicitaria. Se parti dai bisogni delle persone, e poi usi i QR per creare prodotti e servizi intelligenti, allora sei un’azienda interessante (e potenzialmente ricca). Altrimenti crei gli smart books.
Complimenti per il post, davvero stimolante. Credo anch’io che la parola chiave sia “arricchimento” il QR code utilizzato per fornire ulteriore valore ad un prodotto o ad un contenuto arricchisce chi lo sceglie sugli scaffali, all’interno di un concessionaria, in uan boutique…Quindi anche sulle classiche pubblicità potrebbe arricchire le stesse di contenuti di valore per il consumatore, magari andando anche a costruire quel ‘target’ che il semplice QR code non prende (come dici ottimamente al punto ‘se tutta la tecnologia ti permette di scegliere il tuo pubblico con estrema precisione, il codice QR no’) …che ne pensate? :-)