Meglio il profilo o la Pagina Facebook? La mia esperienza

Sei mesi fa ho chiuso il mio profilo Facebook e aperto una Pagina, questo è un primo bilancio.

Qualche tempo fa ho deciso di trasformare il mio profilo Facebook in una Pagina, una cosa di cui ho già raccontato mentre questo processo si svolgeva. Oggi sono passati sei mesi; nel primo post in cui raccontavo di questa decisione c’erano diversi punti aperti, e questo è un buon momento per cercare di dare risposta a quei punti e più in generale per fare un bilancio: ho fatto bene a smettere di usare il profilo e passare a una Pagina? La risposta breve è sì. La lunga è qui sotto, perché è sempre più complesso di come sembra.

Prima di iniziare, una premessa: qui mi riferisco ai casi in cui puoi scegliere tra profilo e Pagina. Se sei su Facebook per promuovere la Pizzeria Vesuvio non puoi scegliere: devi aprire una Pagina.

Perché preferire un profilo

Andiamo subito al sodo, tanto lo so che è l’unica cosa che vi interessa: la reach, il numero di persone raggiunte, le visualizzazioni, la copertura dei post.

Non ci sono dati ufficiali aggiornati, ma Facebook l’ha detto fino alla nausea: friends and family come first. Vuole dire che se hai un profilo Facebook i tuoi post sono probabilmente visti da più persone, mentre se hai una Pagina devi faticare, perché se hai più di mille fan in media ne raggiungi circa il 22% (dato statistico di Agorapulse Barometer). Cioè: pubblichi una cosa, e solo il 22% di chi ti ha messo il like la vede (in realtà non è proprio così, ma non andrei a impelagarmi nei dettagli).

Visto che parliamo di numeri è inutile girarci intorno: vado fino in fondo e vi faccio entrare negli Insights della mia Pagina Facebook – che ora ha 3323 fan – con due screenshot: il primo mostra i post con copertura più alta, il secondo quelli con copertura più bassa. (Le linee arancioni sotto la colonna «Copertura» mostrano il rapporto tra fan/non fan, dove è interessante vedere quante persone nuove ha raggiunto ogni post; le linee indaco sotto «Interazioni» invece mostrano i clic, quelle rosa l’insieme di commenti, reazioni, condivisioni).

I post con copertura più alta
I post con copertura più alta

Questi invece sono i post che hanno funzionato meno:

I post con copertura più bassa
I post con copertura più bassa

Sono dei bei numeri, fino a qui devo dire che sono soddisfatta. Il però grosso come una casa c’è, ed è uno: questa è una Pagina giovane, e in genere dopo un anno i dati tendono a calare. Fino ad ora è andata bene, vediamo cosa succede tra un anno.

Purtroppo non ci sono dati relativi al mio vecchio profilo, ed è un peccato, perché un confronto sarebbe davvero interessante. Però io ho in mente due parametri: da una parte il traffico che il vecchio profilo portava al mio sito, dall’altro il numero medio di interazioni di ogni post. E questi due dati, ma sto andando a spanne e a memoria, sono grossomodo invariati: per ora la Pagina funziona bene, a tratti meglio del vecchio profilo.

La vera differenza è la quantità di tempo che ci dedico: il profilo andava avanti da sé, la Pagina richiede dedizione, attenzioni, costanza, coerenza. In poche parole: per avere gli stessi risultati ora ho un lavoro in più, che prima non avevo, o che non sentivo perché lo facevo con estrema naturalezza. E questo è un dato che pesa molto sulla bilancia.

Insomma: le ragioni per preferire un profilo a una Pagina Facebook ci sono. Prima tra tutti, come dicevo: la priorità dichiarata e palese che Facebook dà ai profili rispetto alle Pagine, che è un’ottima ragione per non fare quello che ho fatto io. 

Perché preferire una Pagina

Ma c’è un ma, ed è anche bello grosso, e per l’occasione scomodo McLuhan: the medium is the message.

E cioè: i mezzi di comunicazione che usi influenzano direttamente il modo in cui la tua comunicazione è percepita, o addirittura: diventano essi stessi contenuto e messaggio. La comunicazione non è fatta solo di cose dette, ma anche di posti dove dici queste cose.

In questo senso il profilo personale con le foto che ho pubblicato dal 2008 in poi, gli scleri delle storie d’amore finite male, le robe dette parlando agli amici, e più di ogni altra cosa con il suo pulsante di richiesta di amicizia bello in evidenza non funzionava più: dava il messaggio sbagliato.

È una questione di percezione.

Di come gli altri percepiscono la mia attività, tanto per cominciare, che già coincide con il mio nome e talvolta è un bel casino far capire dove finisce l’Enrica Crivello consulente e dove inizia l’Enrica Crivello introversa e silenziosa. Per lavorare bene ho bisogno di mettere dei paletti con clienti e fornitori, e non è certo un pulsante «richiedi l’amicizia» che può mettere in crisi questi paletti, ma di sicuro le cose si complicano quando sei esposto continuamente alle foto in spiaggia dei tizi che ti pagano le fatture. O almeno, si complicano per me.

E, non meno importante, è una questione di come io stessa percepisco la mia attività: in questi primi anni da freelance ho imparato che una delle cose più importanti che puoi sviluppare è uno sguardo esterno sul tuo business. È difficile trovarlo, è faticoso allenarlo, è fondamentale mantenerlo. Lo sguardo esterno è quello che ti permette di essere strategico, che non ti dà corda durante le giornate no e che ti fa superare i timori temporanei.

(Esempio tipico di dialogo con il mio sguardo esterno: – non voglio fare il video, mi fa schifo la mia voce in video. – tutte balle, lo fai lo stesso. – uffi, ok.)

Avere due contenitori separati per le cose di lavoro e per le cose personali su Facebook da questo punto di vista è stata per me una bella boccata di aria fresca. Parlavo di come gestire una Pagina a mio nome sia a tutti gli effetti un lavoro in più, che si aggiunge alla marea di cose da fare, ma non sarei sincera se non dicessi che è stato anche un grosso stimolo a fare più e meglio, a cercare di fare diventare il mio business quello che voglio fare diventare, quello che il mio sguardo esterno vede e a cui io cerco di avvicinarmi.

Come dicevo nel primo post: sapevo che un giorno sarei diventata grande, l’innamoramento tra me e il mio lavoro sarebbe maturato in una relazione seria, ognuno avrebbe reclamato i suoi spazi e i suoi tempi, nel rispetto delle reciproche esigenze. Ecco, quel momento è arrivato, e sì, è più difficile e impegnativo, ma è ricco di soddifazioni.

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