Devi farti influenzare dagli altri addetti ai lavori?

È bello avere la stima degli addetti ai lavori, ma il vero obiettivo è la stima dei propri clienti. 

È arrivata una domanda tramite Guido Risponde, e ho pensato che valesse la pena portarla in pubblico. La questione, riassumendo, è: ha senso avere come obiettivo della propria strategia di comunicazione il riconoscimento degli altri addetti ai lavori?

La risposta breve è: secondo me no. La risposta lunga è in questo video e in questo post.

Prima di iniziare vi ricordo che questo venerdì (il 13 aprile) c’è il Friday Bar di Guido, ecco come potete partecipare:

  • se abitate lontano: seguite la diretta Facebook dalle 17 alle 17:30; è una diretta speciale perché avremo qui un piccolo pubblico e perché l’argomento sarà spinoso: «il cliente ha da ridire sul mio preventivo»
  • se abitate a Torino: venite di persona dopo la diretta a bervi delle birrette H41 di Heineken, ma ricordatevi dare conferma di partecipazione iscrivendovi su Eventbrite. I posti sono limitati.

Quanto conta stima degli addetti ai lavori

Ricordo bene il momento in cui ho dichiarato per la prima volta ad alta voce e di fronte a un altro addetto ai lavori di voler fare, da quel momento in poi, solo prodotti scalabili. La risposta che ho ricevuto suonava a grandi linee così: attenzione, se fai solo prodotti scalabili perdi la stima degli altri addetti ai lavori.

L’idea di Guido era ancora lontana, quelle erano intenzioni che somigliavano più a desideri che a progetti, ma bastavano per mettermi di fronte a una prospettiva nuova e scoraggiante.

Quanto contava per me in quel momento la stima degli altri addetti ai lavori? Tantissimo. Abbastanza per essere d’accordo con la risposta che avevo ricevuto, abbastanza per prendermi male all’idea di perderla, abbastanza per mettere in dubbio le mie intenzioni.

Dagli addetti ai lavori fino a quel momento avevo ricevuto degli apprezzamenti, e loro approvazione mi faceva piacere – più piacere, diciamo, dell’approvazione di chiunque altro. Un like o una condivisione ricevuto da uno di loro mi dava di più, per dirla in soldoni, di qualunque altro like o condivisione.

Ma dire che la stima degli altri addetti ai lavori mi portasse lavoro no, è una cosa che per me non era vera: o meglio, il passaparola generato da un addetto ai lavori non mi portava più lavoro del passaparola generato da un “normale” lettore del mio blog.

Non è così che si innova e si cresce

C’è stato un lungo momento, diciamo agli inizi della mia carriera da freelance, in cui tutto ciò che per me contava era essere vista da un collega, essere riconosciuta come “pari”. Mi sembrava di non poter trovare dei clienti se prima non trovavo dei colleghi.

Poi mi sono resa conto che (com’è comprensibile) mi sentivo insicura: la legittimazione e il riconoscimento sono importanti, io da sola non riuscivo a darmeli, quindi li delegavo a loro. «Se uno di loro dice che sono capace allora è vero, se me lo dico da sola no». E fino a qui tutto nella norma, specialmente per chi è agli inizi.

Il momento in cui questo atteggiamento diventa contro produttivo è quello in cui la ricerca del riconoscimento inizia a influenzare direttamente le tue scelte, arrivando a definire la strada da percorrere.

Come dicevo: la loro stima per me contava tantissimo. Non abbastanza, però, da rinunciare a quelle intenzioni così abbozzate che avevo. Secondo me in quel momento mancava una cosa sul mercato: un corso online fatto come Guido – che di corsi online ce ne sono e ce n’erano un botto – ma non erano fatti così come li avrei fatti io.

Così ho preso una decisione, che mi ha accompagnata da lì in poi, e che è il motivo per cui ogni giorno Ivan ed io facciamo quello che facciamo: è bello avere la stima degli addetti ai lavori, ma il vero obiettivo è la stima dei propri clienti. 

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