Venerdì scorso siamo stati a un matrimonio, uno di quelli con il tavolone lungo lungo in centro a una stanza meravigliosamente addobbata. Io al tavolone ero seduta di fianco a un ragazzo di Bologna, che per fare conoscenza mi ha chiesto di cosa mi occupassi. Ho risposto che sono freelance e che mi occupo di marketing online – lui invece è psicologo – e Ivan mi ha corretta dicendo «veramente non sei più freelance».
Già, non sono più freelance.
Andare per la propria strada
Il percorso che mi ha portata qui è iniziato quando ho deciso che non avrei più fatto la social media manager: dei social media mi piace l’opportunità che ti danno di scoprire qual è la tua voce, di tirarla fuori, e piano piano di iniziare a raccontarti direttamente al tuo pubblico. Io sono quella che accompagna le persone in questo processo: lo faccio on demand, online e in classe, e – posso dirlo? – credo di essere molto brava in questo.
Mi ricordo quando ho smesso di fare la social media manager: ho tracciato un confine netto e mi sono data una scadenza. Ho deciso che avrei concluso i contratti con alcuni clienti e che invece per altri avrei trovato una sostituta: io non potevo più seguirli, dovevo cambiare lavoro, e non volevo lasciarli scoperti.
Ero nel bel mezzo di questo processo quando degli amici mi dicono: stai sbagliando, questo è un patrimonio che tu stai lasciando sul tavolo, è davvero un peccato avere tutto questo lavoro e non approfittarne. Il mio vecchio modello di business prevedeva 4-5 clienti fissi da seguire con continuità per uno o più anni; il mio nuovo modello scommetteva sul fatto che sarei riuscita ad accompagnare per percorsi più brevi (a volte una sola giornata) un numero di gran lunga maggiore di clienti. E il messaggio era chiaro: i miei amici volevano dirmi «stai facendo una cazzata» ma non osavano dirlo fino in fondo.
In quel momento preciso ho capito una cosa: se tu hai un piano in testa, e se quel piano ti suona bene non solo in testa ma anche nella pancia, nel cuore, nelle braccia, allora quello è il piano giusto per te. Gli altri lo capiranno con il tempo, o forse non lo capiranno mai, ma in questo viaggio mica devi essere per forza in compagnia. Da soli si viaggia benissimo, e chissà chi incontri nel cammino.
Non mettere la paura al volante
L’unico modo per trovare un numero di gran lunga maggiore di clienti (in poco tempo) è iniziare a fare per te quello che potresti fare per loro: dimostrare con i fatti che sei brava. E per me i fatti sono diventati molto presto produrre una marea di contenuti. Di contenuti che funzionassero bene per vendere me stessa e il mio lavoro.
(Sul fatto dei contenuti prodotti per se stessi vorrei dire una cosa. Una volta una mia cliente mi ha chiesto: «ma come faccio a rispettare il calendario editoriale, hai dei consigli?». La risposta è: la verità è che lo rispetti solo se con il calendario editoriale ci mangi.)
Ha funzionato perché sono iniziate a succedere delle cose molto belle, e cioè: avere clienti che ti fanno lavorare duro e che poi però danno grandi soddisfazioni (e ti scrivono cose come queste).
Puoi pianificare quanto vuoi, ma ogni volta che cambi qualcosa non puoi sapere in anticipo come andrà, e quindi ti prendi male. Io mi prendo molto male, mi preoccupo, ma ho due modi per non far sì che la preoccupazione si metta al volante e guidi la baracca:
- nel momento del cambiamento non chiedo mai consiglio in pubblico: non faccio sondaggi su Facebook, non chiedo mai dritte generiche a persone generiche. Loro conoscono solo quello che c’è stato fino a lì, non quello che dovrà esserci, la loro opinione potrebbe essere fuorviante; al contrario mi confronto solo con clienti e/o amici di cui mi fido molto. Gli dico a che punto sono arrivata e cerco di ascoltare e registrare ogni loro singola parola, per poi rifletterci con calma.
- Se una cosa mi entusiasma, la faccio. Se una cosa mi fa paura ma mi entusiasma, la faccio a maggior ragione. Se dopo aver fatto quella cosa ricevo risposte positive – anche se quella cosa è molto diversa dalle cose che ho fatto fino a quel momento – mi prendo bene. Se ricevo risposte negative (e di solito arrivano anche quelle, insieme alle positive) allora guardo chi me le ha date: era una persona in target con il mio cambiamento? Se sì, mi faccio delle domande; se no, vuol dire che sta funzionando.
«Lei non è una libera professionista»
A forza di produrre contenuti è venuto naturale impacchettarne alcuni e provare a renderli scalabili – una cosa che a livello fiscale produce una marea di complicazioni e di carta, se come me arrivi lì partendo da un inquadramento da libera professionista. La carta è brutta e noiosa, specie se non rilegata in quadernini color unicorno.
Così a gennaio sono andata insieme a Ivan da quella che sarebbe diventata la nostra nuova commercialista. Ci siamo seduti e lei ha detto una cosa che ci ha praticamente cambiato la vita: «lei non ha (più) un’attività da libero professionista. Il suo lavoro è produrre dei servizi e poi venderli: lei per me ha un’attività commerciale, io procederei con l’apertura di una società e l’iscrizione al registro imprese». (Il virgolettato è a memoria, mi scuso con i tecnici per eventuali imprecisioni.)
Siamo usciti da lì e io ero, letteralmente, un grumo di felicità. Avevamo cambiato lavoro e ora era chiaro: Ivan ed io eravamo diventati due piccoli imprenditori! Siamo corsi a festeggiare in un baretto, abbiamo ordinato due Prosecco, abbiamo pensato a tutti gli sforzi fatti per arrivare fino a lì.
Per la prima volta dopo tanto tempo eravamo esattamente dove volevamo essere: a costruire una cosa più grande di noi, capace di contenere tutti i nostri progetti (tra cui: vendere delle tazze, da sempre il nostro sogno proibito) senza se e senza ma. The sky is the limit, dicono gli americani. Nel nostro caso lo statuto societario è il limite, ma è un tetto tanto alto che sembra quasi di toccare il cielo.
Non sono più una lancia libera perché ho smesso di attraversare in cielo in guizzi veloci e ho iniziato a stare terra. Qui il mio lavoro è costruire scale belle e solide da percorrere per andarmi a prendere i miei desideri.