Non scrivo su questo blog da quasi due mesi; è una pausa molto lunga per i miei standard, ma avevo troppe idee e molto confuse, così non me la sono sentita di buttarle dentro un post. Poi questa mattina Google mi ha proposto tra gli annunci i trabattelli a innesto – che a quanto capisco sono ponteggi mobili – e io oltre a farmi delle domande questa volta mi sono data anche delle risposte, ad esempio sui limiti della bolla di cui faccio parte.
Cos’è la bolla
Ho passato le ultime settimane a parlare molto e ascoltare ancora di più (ad esempio: al corso organizzato da CasaFacile, o a Udine per Young People’s Business), fino a ieri sera, quando durante una lezione si parlava di «quanto devi saperne di un argomento per poterlo comunicare» (una cosa su cui avevo già scritto). Io ho detto che non me la sentirei di prendere in mano la comunicazione di un argomento di cui so molto. Ad esempio non prenderei in carico la comunicazione di qualcuno che fa social media marketing, perché non saprei come impostarla, sarei troppo influenzata dal fatto di fare parte di una bolla in cui tutti parlano di SMM da mattina a ser… OH WAIT: io mi occupo di comunicare per qualcuno che fa social media marketing! E quel qualcuno sono io!
La cosa brutta delle bolle è che ci sei dentro e non te ne accorgi. Ad esempio parlavo con Beatrina, che mi dice che ormai tutti scrivono di coaching, e lei non se la sente più di scriverne, perché è noioso parlarsi addosso, mancano stimoli nuovi. La cosa interessante è che io non ho affatto la percezione che tutti scrivano di coaching, ma lei me lo dice come se fosse ovvio: è dentro la bolla del coaching e forse non se ne accorge.
Le bolle funzionano così: hanno le pareti trasparenti, quindi non ti sembra di essere chiuso dentro. (O almeno, questa è la mia visione. Più cose sulle bolle sono su Wikipedia)
L’importanza di uscire dal proprio contesto
Poi ci sono i trabattelli a innesto, che ti permettono di fare due cose: salire in cima alla tua bolla per avere una visione d’insieme di come è fatto l’interno; scorgere cosa succede fuori dalla tua bolla. Ma sempre stando dentro – ché anche stare dentro ha i suoi vantaggi, ad esempio un senso di appartenenza.
Montare i trabattelli a innesto è importante perché ti permette di uscire dal tuo contesto, ma è molto, molto faticoso. Spesso quando uno si occupa di comunicare online la propria attività si dimentica dell’importanza di mantenere una visione di insieme e finisce per parlarsi addosso – per essere eccessivamente tecnico, o dare le cose per scontate, o non avere più nulla da dire, come è successo a me negli ultimi tempi.
Modi per uscire dalla bolla
Qui ci sono degli esempi di trabattello ad innesto che uno può costruirsi per avere una visione di insieme e soprattutto per sapere cosa succede fuori:
- rinnovare il proprio feed di Twitter o di Instagram: smettere di seguire i soliti noti e iniziare a seguire persone nuove, e da lì partire per scoprire altre persone, e poi altre, e poi altre…
- parlare del proprio argomento con un amico di età e formazione simile che si occupa di tutt’altro (l’età e la formazione simile servono per non trovare la scusa «abbiamo visioni diverse per la differenza generazionale»)
- fare un’attività manuale rilassante e abbastanza ripetitiva, in modo da permettere alla mente di sganciarsi per vagare verso altri lidi. Ad esempio: stirare gli asciugamani
- raccogliere le domande che ti vengono poste (dai clienti, dai fornitori, dai curiosi) in una lista. Non necessariamente per rispondere, ma per rileggerle ogni volta che perdi il contatto con cosa avviene fuori dalla bolla
- l’elemento più importante del trabattello: legittimarsi. Soprattutto legittimarsi il bisogno di sperimentare, di creare, di fare cose nuove e di comunicare il proprio argomento in un modo che forse agli addetti ai lavori sembrerà stupido. (Suggerimento: se agli addetti ai lavori sembra stupido allora probabilmente funziona.)