Il passive income (rendita passiva, e cioè: quel profitto che si genera senza sforzi o con il minimo sforzo) non esiste, lasciate che sia io a dirvelo prima che possiate cadere anche voi nel tranello e provare quel misto di delusione e sconforto che ho provato io scoprendolo. O meglio: magari esiste se hai inventato i post-it o se sei Mariah Carey, ma in tutti gli altri casi secondo me no, e ora vado a spiegarmi.
(Ma prima: ciao Mariah, sono io a generare metà del tuo reddito tenendo All I want for Christmas in loop dal primo novembre al 7 gennaio, ogni anno, da anni.)
Il sogno
Una mattina di due anni fa ero a cazzeggiar… ehm, a fare ricerche su YouTube, quando mi sono imbattuta in un video di Kate Northrup che spiegava che cos’è il passive income e come si fa a generare reddito senza sforzi, in sei comodi passi. In quel momento ero alla ricerca di un modo per rendere la mia attività di freelance più sostenibile, e questo video è sembrato il tassello mancante ai miei piani di conquista dell’universo.
Una delle strategie consigliate nel video è scrivere qualcosa (un corso, un libro) e poi venderlo: fai il lavoro una volta sola, e continui a fatturare nel corso del tempo.
Io però avevo già in piedi un meccanismo del genere: sul mio sito in quel momento c’erano in vendita due corsi in pdf, uno a 26 €, l’altro a 30 €. Eppure non ero ancora ricoperta d’oro come un gianduiotto: sto sbagliando qualcosa, mi sono detta. Se questa Kate riesce a vivere senza lavorare allora devo riuscirci anche io. (Segue risata diabolica.)
Il piano
Così mi sono industriata, e due anni dopo è nato Guido, una libreria di video per imparare il marketing online.
Il ragionamento è semplice: scriviamo i video, li giriamo, li mettiamo online. E poi possiamo starcene, io e Ivan che lavora con me a questo progetto, con le braccia conserte a contare i soldi che entrano. Non fa una piega, mi dico: Kate sarebbe fiera di me, ci ho messo due anni, ma alla fine ce l’ho fatta a capire come generare soldi senza sforzo. (Altra risata diabolica.)
La realtà
Sei mesi dopo il lancio Guido ha fatturato 25mila € + iva. Un po’ meno di un regime dei minimi, da solo e in sei mesi: figata da una parte, fallimento dall’altra.
Parliamo del fallimento, che siamo qui per questo. Il punto è che quei 25mila euro non si sono certo generati passivamente.
C’è il lavoro per portare dentro i clienti, tanto per cominciare, perché Guido non si vende da solo: da quando c’è Guido, per fare solo un esempio, non posso smettere di scrivere sul mio blog. Non scrivo certo per vendere Guido, intendiamoci. Ma da quando c’è Guido il collegamento tra quanto scrivo e quanti abbonamenti vendo è direttamente proporzionale. Quindi eccomi qui ad aggiornare il mio blog anche perché altrimenti vendo meno. E scrivere sul blog è un lavoro a tutti gli effetti.
Poi c’è l’assistenza clienti. Lo sviluppo del prodotto. La fatturazione. Le robe tecniche da risolvere. Il lavoro per produrre i contenuti, che vanno decisi, progettati, scritti, girati, montati. E ovviamente il marketing e la comunicazione, sennò – e siamo tornati al punto di partenza – magari il prodotto ce l’hai ma non se lo compra nessuno. Insomma: Guido, è un lavoro full time. Rende, sì, ma non certo passivamente – o almeno: non in quel modo da «i soldi entrano mentre sono in spiaggia a sorseggiare un mimosa» che mi ero immaginata io.
Ne vale la pena?
Siamo partiti otto mesi fa e ogni bilancio è prematuro. Quello che però inizia a essere chiaro è che con Guido abbiamo guadagnato un nuovo modo di lavorare.
Se è vero che il passive income non esiste, quello che esiste è però un modo di lavorare che a me piace definire «asincrono». E cioè: grossi momenti di lavoro preparatorio alternati a grossi momenti di pausa, durante i quali puoi comunque fatturare.
Il bello del lavoro asincrono è che il frutto del tuo lavoro non viene «consumato» in diretta: non devi essere presente mentre sono presenti i tuoi clienti. Puoi permetterti di programmare con largo anticipo le tue attività: registrare adesso un contenuto per il mese di agosto, ad esempio, perché sai già che ad agosto sarai in pausa. E soprattutto andare in pausa senza avvertire nessuno, senza dover concordare la tua pausa con i clienti e senza coordinare le tue pause con quelle di qualcun altro. In pratica ci sei anche quando non ci sei, non so se rendo l’idea.
Inseguivo il sogno del passive income perché ero alla ricerca di un modo per rendere il mio lavoro più sostenibile. E a occhio e croce l’ho trovato, anche se sotto un’altra forma: non lavoro di meno, ma lavoro decisamente meglio.