«Chiediti cosa sai fare e cosa ti piace fare, poi inizia a raccontarlo» è il mio motto, nato quando ero agli inizi. Avevo appena aperto partita iva e non sapevo da dove cominciare per presentarmi online, sia agli altri addetti ai lavori, sia a potenziali clienti. Ero preoccupata del fatto che essendo da sola avrei dovuto rinunciare a un sacco di cose che avevo prima, in ufficio. Come una fotocopiatrice, l’abbonamento ai principali quotidiani, una segretaria che rispondesse al telefono e gestisse l’amministrazione. Poi però mi sono detta: per iniziare non mi servono tutte queste cose. Per iniziare mi servono tre cose: chiedermi cosa so fare, chiedermi cosa mi piace fare, e infine iniziare a raccontarlo.
Ha funzionato. Questo è quello che oggi chiedo ai miei clienti quando lavoriamo insieme. Credo che il primo passo per presentarsi online sia sapere che cosa si vuole raccontare di sé, e che non ci sia niente di meglio da raccontare rispetto a ciò che sai fare e ciò che ti piace fare. Ed è per questo motivo che oggi parto proprio da qui, perché questa è la stessa richiesta che faccio a voi: per costruire una buona presenza online non vi serve altro tranne queste tre cose, almeno all’inizio.
Esserci. E basta?
Per capire cosa vuol dire «buona» presenza online innanzi tutto cerchiamo di capire un po’ meglio cosa vuol dire «presenza online». Una presenza online è l’insieme di tutti gli account che hai aperto e delle interazioni che questi account hanno raccolto nel corso del tempo. Quindi la verità è che ognuno di noi ha già una presenza online. Più o meno curata, magari, però una presenza online ce l’abbiamo tutti. La vera differenza è tra chi c’è e basta, e chi invece non si accontenta di esserci: prende le redini di quella presenza online per far sì che faccia davvero ciò che dovrebbe, ovvero presentare se stesso.
Presentarsi secondo me è più difficile di come sembra. Vi racconto una storia, che riguarda il momento in cui avevo finito finalmente di scrivere la mia tesi specialistica e la stavo mostrando già stampata alla mia relatrice di tesi, in attesa del suo ok per rilegarla. Nel frontespizio avevo scritto i nomi del relatore, del correlatore, e poi il mio: «candidata, dottoressa Enrica Crivello». Entro nell’ufficio della relatrice, le mostro la tesi, lei alza il sopracciglio e dice che presentarmi come dottoressa era quantomeno altezzoso da parte mia. Io, che avevo copiato il frontespizio da un’altra tesi specialistica, a quel punto mi scuso tantissimo, dico che assolutamente non era mia intenzione mancare di rispetto, corro a ristampare il frontespizio e soprattutto mi sento davvero molto stupida. Solo molti anni dopo, ripensandoci, mi sono accorta che invece non mi sarei affatto dovuta scusare: avevo una laurea triennale, per la legge ero in effetti una dottoressa – e poi, per carità, chi se ne frega delle formule e dei titoli, ma io mi stavo presentando esattamente per quello che ero. Il frontespizio era corretto. Ma era molto più comodo scusarsi e dare ragione a lei.
Prenditi la responsabilità di raccontarti
Presentarsi per come si è, decidere di raccontarsi, è una responsabilità. E si sa che è molto più comodo non prendersele, le responsabilità.
Se tu ti presenti come dottore devi dimostrare di esserlo. E inoltre ti metti automaticamente in confronto con altri dottori, senza dimenticare che ci sarà sempre un dottore che è più dottore di te, e che magari cercherà pure di mettere in discussione il tuo titolo.
E questo vale per tutto: se ti presenti come copy, o come esperto di giardinaggio, o come sommelier, dall’altra parte si crea un’aspettativa. E non deludere quell’aspettativa è una responsabilità che scegli di prenderti.
È molto più facile decidere di non fare nulla, stare in un cantuccio a lamentarci perché nessuno sa delle nostre capacità di sommelier, piuttosto che decidere sì, ora dichiarerò al mondo che sono un sommelier, uscirò allo scoperto, e scriverò «Enrica Crivello, sommelier», prendendomi la responsabilità di ciò che succederà dopo che l’avrò dichiarato.
In tanti mi dicono: ok, ma io non sono ancora pronto. E mentre preparavo le slide per questa giornata ho scoperto finalmente la risposta da dare a chi non si sente pronto.
Clio Makeup
La risposta è Clio Makeup, una famosa beauty blogger conosciuta soprattutto per il suo canale YouTube dove insegna a truccarsi. Il suo primissimo video su YouTube risale al 2008, e qui lei racconta che tra poco inizierà a fare una scuola di make-up e quindi condividerà in questo canale tutti i suoi progressi.
Di questo video mi interessa farvi notare alcune cose. La prima è che non è perfetto: la luce è verdina, e la sua voce nel corso del video è piuttosto tremula, lei è decisamente emozionata, si vede che è la prima volta che fa una cosa del genere.
La seconda è che basta davvero poco per iniziare: non serve un sito, non serve un logo, non serve aver fatto un percorso pazzesco di personal branding. Si può andare su YouTube, aprire un canale, girare un video di pochi minuti, metterlo online.
Quello che fa la differenza è che Clio qui mette già le basi per il suo successo, e come dicevo non sono basi in alcun modo connesse alla sua capacità tecnica o alla potenza dei suoi mezzi: Clio sceglie di condividere qualcosa di utile e qualcosa di interessante. Ricordatevi di queste due parole.
Daniela Scapoli
Daniela Scapoli ha un blog che si chiama La Bionda e la Bruna, che sono i soprannomi delle sue due figlie. Il blog di Daniela parla di autismo, attraverso la sua esperienza di essere madre di una figlia autistica e attraverso la storia della sua famiglia, che Daniela condivide semplicemente in forma di racconto, senza la pretesa di offrire formule o dare soluzioni.
Si tratta di un blog, ma Daniela poteva scegliere di portare avanti lo stesso racconto attraverso un account Instagram, una Pagina Facebook, o qualunque mezzo con cui si trovasse a suo agio. Al centro non c’è il mezzo usato o la tecnologia, ma la condivisione di un’esperienza.
Anche in questo caso si tratta di qualcosa di utile e di interessante: leggere le esperienze di Daniela mi è utile perché prima di incontrare il suo blog non sapevo nulla di autismo, ora invece so un sacco di cose, ho capito che ci sono molte sfumature, e questo mi rende una persona migliore, più capace di vivere in una società complessa, mi permette di essere più inclusiva e aperta.
Utile e interessante
Cosa intendo quando dico utile e interessante? Un sacco di persone davanti a queste due parole si spaventano, pensano di doversi inventare chissà che, di dover dire cose strabilianti.
Non è così: come abbiamo visto si può essere utili e interessanti semplicemente consigliando qual è il migliore fondotinta se hai la pelle secca, o raccontando le sfide che la tua famiglia si trova ad affrontare tutti i giorni.
La vera differenza la fa non tanto l’essere originali, ma aver scelto di essere utili e interessanti per qualcuno, in particolare. Aver scelto di parlare con un pubblico specifico, un pubblico per il quale le cose che dici possono fare la differenza.
E sembra banale, ma a me sapere qual è il fondotinta migliore per il mio tipo di pelle serve, mi serve tantissimo: perché io il fondotinta lo uso tutti i giorni, e se ne trovo uno che mi sta bene sono felice.
Entrambe le cose, il fondotinta migliore e saperne di più sull’autismo, fanno la differenza per me.
Fai la differenza
E sembra un invito assurdo, «dai vai, fai la differenza» come se fosse una cosa incredibilmente romantica, di cui sono capaci in pochi eroi. Invece ho scoperto che basta davvero poco per fare la differenza, per due motivi:
- Ognuno di noi ha delle competenze che possono essere utili a qualcun altro, e che possono permettere a qualcuno di imparare qualcosa: c’è chi sa fare l’orto sul balcone, c’è chi sa tutto su come si organizza un viaggio zaino in spalla, c’è chi fa il grafico e può mettere a disposizione degli altri le cose belle che disegna.
- E poi non è necessario reinventare la ruota ogni volta. Ci si può benissimo lasciare ispirare dagli altri – che non vuol affatto dire copiare, ma assimilare ciò che ci piace, farlo nostro, mischiarlo ad altre cose che ci piacciono, e provare a creare un nostro modo di raccontarci.
Ma la terza e più importante cosa è che raccontarsi online fa la differenza soprattutto per noi stessi. Condividere le cose utili e interessanti che sappiamo ha un sacco di vantaggi. Ci dà quel riconoscimento sociale di cui ognuno di noi ha bisogno, tanto per cominciare. E poi permette di chiarirsi le idee, di fermarsi a riflettere, e quindi di approfondire sempre di più.
Non è vero che se condividi qualcosa rischi che te la rubino: più condividi una cosa, più quella cosa diventa tua.