Dopo pochi mesi dall’inizio di questo lavoro sono rimasta senza clienti. In quel periodo stavo lavorando per un’azienda che prendeva il 70% del mio tempo, e in più prendevo delle commesse saltuarie per alcuni eventi.
Quando l’estate stava finendo e gli eventi erano conclusi, l’azienda mi ha detto che non aveva più bisogno di me. Tempismo perfetto. Rimanere senza clienti fa schifo, e fa anche incazzare. Quello di cui mi sono accorta solo dopo è che non potevo prendermela con nessuno: era colpa mia.
Il lavoro che stavo facendo era buono di per sé. Anzi a guardare i report uno avrebbe detto che quello era un lavoro «da manuale». Tutto in crescita senza sbavature: mentions, RT, conversazione e tutte quelle robe là, ci siamo capiti. Però mancava un tassello.
Quelli sui report erano numeri, e i numeri sono importanti, ma di per sé non servono a nulla. Per servire devono essere collegati a qualcosa, a un contesto più grande – che sta sempre all’interno dell’azienda, ma è fuori dal tuo lavoro, dal tuo ufficio, dalla tua routine, da quello che hai imparato e che credi sia giusto. Il mio errore era stato non aver cercato informazioni su questo contesto.
Non avevo fatto una domanda fondamentale: cara azienda, perché vuoi andare online?
(Se lo avessi chiesto, avrei evitato di vendergli tutto un buffet di crostate alla frutta quando a loro serviva un aperitivo con olive e patatine. Sono buoni entrambi, ma se hai bisogno del secondo non ha senso mangiare il primo.)
La lezione che ho imparato è: prima di prendere qualsiasi lavoro ora mi faccio dire qual è il motivo per cui il mio cliente vuole usare i social media. Poi faccio una strategia: definisco un obiettivo e parto da lì.
E non è una domanda di circostanza: tutto quello che lui ed io costruiamo insieme dipende dalla risposta a quella domanda, e se la risposta è qualcosa che io non posso dargli, allora quello non è un lavoro per me.