Storie da leggere quest’estate

Seguire le persone che mi ispirano, capire come sono arrivate dove sono ora è una delle cose che mi ha sempre aiutata di più, soprattutto quando cerco di capire cosa verrà dopo.

Da due anni in questo periodo pubblico un post in cui consiglio quali libri leggere durante l’estate. Non si tratta di narrativa ma di «varia» (ho scoperto che si chiama così: che nome bruttissimo, signori editori!) o se preferite di manuali, anche se non sempre. Qui c’è il post del 2015, qui quello del 2016.

Quest’anno non ho letto niente del genere. Ho comprato e ricevuto in dono libri di questo tipo, ma non ero abbastanza concentrata per mettermi a imparare cose nuove; quello che ho fatto, invece, è stato leggere le storie delle persone, in qualunque forma arrivassero – talvolta libri, ma non solo – perché avevo voglia di nuove ispirazioni.

Il bello delle storie oneste

Alcune tra le persone che stimo di più hanno storie appassionanti alle spalle. Molte tra loro ci stanno facendo l’enorme dono di raccontare quei percorsi tramite i loro blog, i loro canali social, in alcuni casi tramite libri o articoli di giornali.

È ancora più bello quando lo fanno con onestà: perché in questo periodo storico non siamo certo a corto di racconti personali o di condivisione di percorsi individuali; la merce rara è il racconto fatto con sincerità e trasparenza, che si infila in angoli scomodi, che mette in luce anche le parti che è fastidioso raccontare, ma che guarda caso sono proprio quelle che servono di più a chi ti legge in cerca di ispirazione.

Il mio personale elenco di persone ispiranti e trasparenti (alcune delle quali ho la fortuna di chiamare amiche) è, quindi, questo.

Piero Angela e l’Italia

Piero Angela ha scritto un libro in cui parla della sua vita. La sua vita dura da 90 anni, quindi la sua storia si intreccia con la storia più recente del nostro Paese, la stessa che mia nonna mi raccontava quand’ero piccola – la guerra, la nascita della televisione, stupirsi di fronte all’Eurovisione. Già solo per questo pezzo di memoria che deve rimanere viva quello di Piero Angela è un libro da leggere. E poi c’è lui: di Piero Angela mi piace tutto e da sempre, è il mio più grande modello di ispirazione e se potessi gli chiederei di farmi da mentore. Dovendo scegliere cosa citare e non potendo citare tutto il libro, ecco qui una parte che credo vi convincerà a proseguire la lettura:

«Il consiglio che posso dare ai giovani è: nel vostro lavoro puntate sempre all’eccellenza. Si può sempre fare meglio: farsi venire un’idea nuova, leggere un libro in più, scoprire un nuovo dato, migliorare una presentazione. Non accontentatevi. Queste cose mi sono state estremamente utili quando, più tardi, ho cominciato a fare divulgazione scientifica. Divulgare infatti vuol dire, in pratica, tradurre dall’italiano in italiano, dicendo le stesse cose in modo chiaro. Un lavoro non sempre facile perché per poter spiegare bene bisogna prima aver capito bene.»

Piero Angela, Il mio lungo viaggio: 90 anni di storie vissute, Mondadori.

Beatrina Incorporella e ricordarsi di sognare

Beatrina pubblica un post e si ferma tutto. O almeno, qui funziona così. Vedo Ivan che lo legge sullo schermo del telefono e gli chiedo «ha pubblicato un nuovo post?», lui fa sì con la testa e io corro a leggere. Non sempre lo condivido, o lo commento, o metto il like: quelli di Bea sono molto spesso post che leggi a piccole dosi, per non sprecarli. Come il milkshake che è buono ma se finisce poi non c’è più, e allora lo sorseggi con tutta calma. Bea rimette in moto le cose, anche: tu sei lì arenata nei tuoi pensieri e dopo averla letta ti ricordi che c’è un motore che avevi nascosto in un angolino, che funziona tanto bene, e che è ora di riattivarlo.

«E ho pensato al provincialismo, che è quella roba che ti sta attaccata addosso a Torino e a New York e a Castiglione Falletto. Il provincialismo è pensare che chi ha ottenuto un successo non vale più di te, ma ha solo avuto più culo, più opportunità, le spalle più coperte o whatever. A volte magari succede, ma a volte, semplicemente, è stato più bravo. Più focalizzato. Ha fatto salti nel vuoto che tu, mmmh, anche no. E mentre io tenevo il mio culo ben al riparo dall’abisso, qualcun altro saltava, e scommetteva sul fatto di avere le ali. Ma il provincialismo è anche pensare che tu ormai quel salto lì non lo fai più. Perché le cose non si cambiano, signora mia. È molto triste ma anche molto rassicurante dirci che le scelte fatte ormai sono scolpite nel granito dei secoli.»

Beatrina Incorporella, Effetti collaterali di tanta bellezza.

Debbie Millman e il «non ci sono scuse»

Debbie Millman per me è una tale fonte di ispirazione che prima ho deciso di stampare una sua frase (è qui sotto) e appenderla sopra la scrivania. Poi, dato che volevo averla sempre con me, ho preso appuntamento per farmi tatuare un’altra sua frase addosso. Ogni volta che leggo qualcosa di suo mi dico: forza ragazza, mettiti al lavoro. Non riassumo la sua biografia perché anche volendo riassumere si userebbero comunque tre-quattro paragrafi, dico solo che lei si è definita late bloomer: è una che ha iniziato a occuparsi di branding per esasperazione, aveva bisogno di un cambiare lavoro e non sapeva che pesci pigliare. Facendolo si è accorta che non solo le piaceva, ma che era brava. Ora è a capo di un numero infinito di cose una più importante dell’altra, e tutte nascono da quel momento in cui ha accettato un lavoro che quasi non sapeva cosa fosse.

«If you imagine less, less will be what you undoubtedly deserve. Do what you love, and don’t stop until you get what you love. Work as hard as you can, imagine immensities, don’t compromise, and don’t waste time. Start now. Not 20 years from now, not two weeks from now. Now.»

Debbie Millman, Look both ways, How Books.

Mr Kate e fare pace con se stessi

Kate Albrecht è figlia dell’ex CEO di HBO. I soldi a casa sua non sono mai mancati, e il bello è che sono stati usati per innaffiare la sua creatività, farla crescere e fruttare; noi oggi abbiamo la fortuna di vedere quei frutti e farci ispirare a nostra volta. Kate disegna e produce la sua linea di gioielli e lavora come interior designer. Ha scritto un libro in cui il racconto della sua infanzia/adolescenza è intrecciato a una marea di progetti DIY uno più bizzarro dell’altro (e tra i due filoni ci sono collegamenti esilaranti). Lo consiglio perché è una lettura rilassante, che fa (ri)conquistare la fiducia in sé.

«It took me a few years of fluctuating weight and weird eating before I decided to get real with myself. “Kate,” I said, “Pay attention! You’re not fat, you’re short. Boys tend to like you, but you don’t like yourself. Working out is good for you — it will save you from a heart attack later, so you should keep doing that – but this whole eating disorder has to get under control. Stop obsessing, and please aknowledge that you’re not a supermodel and you’ll nerver be. Your body wants to have some adipose tissue on your tummy and some cellulite on the backs of your upper thighs, and will never let go of that little bulge between your armpit and boob that puffs off just so when you are wearing a tank top and bugs the shit out of you. This is your reality, now go love yourself”.»

Kate Albrecht, A hot glue gun mess: funny stories and pretty projects, William Morrow Paperbacks.

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