Ieri guardavo Glow e ho visto una scena che mi ha dato da pensare: i protagonisti stanno cercando una sede in cui registrare il loro show di Wrestling femminile. Il regista chiede a una delle attrici di accompagnarlo a fare un sopralluogo, perché ha trovato un posto che forse fa al caso loro:
«Vuoi venire a vedere un posto? Mi servirebbe un’altra opinione»
«Certo! Mi piacerebbe essere coinvolta nel processo decisionale»
«No ma non avrai voce in capitolo, mi serve solo qualcuno con cui essere in disaccordo per chiarirmi le idee»
(L’originale, che non riesco a tradurre, è «I just need someone to disagree with so I can clarify my own instincts». Quindi non si tratta di chiarirsi le idee, ma di agire secondo l’istinto.)
L’idea è che se sei indeciso su qualcosa – pensi che quel qualcosa vada bene per te, ma non ne sei sicuro al 100%, e ti confronti con qualcuno che ha un’opinione contraria alla tua, quell’opinione contraria può essere utile: non per cambiare idea, per raggiungere la certezza che sì, stai prendendo la decisione giusta.
Individuare il proprio target
Questa scena – che è stata scritta a scopo comico, ma che secondo me vale la pena prendere sul serio – la dice lunga su come uno possa decidere di muoversi: non faccio le cose per compiacere chi in quel momento sta con me, faccio le cose che secondo me vanno bene. Magari in quel momento sono l’unica a pensarla così, ma so (o meglio: sento) che ciò che sto facendo mi aiuterà ad arrivare dove voglio andare.
Il tema dell’individuazione del proprio target è uno degli argomenti di cui parliamo di più durante Guido Risponde (il webinar mensile in cui gli abbonati a Guido fanno delle domande e i docenti di Guido danno delle risposte), per due motivi.
Da una parte perché individuare il target è lungo e complesso: è un processo che richiede più tempo, più tentativi e più errori di ciò che uno si immagina. E che anche quando è apparentemente concluso richiede continui piccoli aggiustamenti di rotta. In poche parole, non si finisce mai di individuare il proprio target.
Il secondo motivo per cui ne parliamo così tanto è perché chi si trova all’interno di questo processo è esposto al rischio concreto di essere traghettato in un solo istante a chilometri di distanza dal punto che dovrebbe raggiungere: basta dare retta all’opinione sbagliata et voilà, ecco che stai registrando il tuo show di Wrestling femminile al Four Seasons Hotel quando inizialmente avevi pensato di farlo in una grotta preistorica.
«Eh, lo so, nemmeno io volevo farlo. Ma il mio target me l’ha chiesto». Eh: ma siamo sicuri che il tuo target avesse ragione? Non è che forse stai parlando con le persone sbagliate?
«Stai sbagliando, era meglio prima»
Magari è utile fare degli esempi. Mi è successo un sacco di volte di cambiare qualcosa e ricevere in cambio un’opinione negativa. Vi racconto un caso su tutti: quello della mia newsletter.
La mia newsletter fino a due anni fa era un elenco di link con un breve commento. Ci sono diverse newsletter così: scegli un tema, metti dentro gli articoli interessanti che hai letto su quel tema, e dici perché ogni articolo merita di essere letto.
Poi un giorno ho cambiato: l’ho fatto di punto in bianco, perché quel modello mi stava stretto, perché non funzionava per gli obiettivi che avevo. Gli elenchi di link mettono al centro le risorse che stai linkando, e per me questo era diventato un problema. Io volevo che al centro ci fosse la mia capacità di analisi, il mio sforzo di tirare fuori qualcosa di utile da una storia che era sotto gli occhi di tutti. Volevo che le persone non leggessero la mia newsletter nella speranza di essere reindirizzati a una fonte che risolvesse i loro problemi; volevo che venisse aperta e letta perché a risolvere i loro problemi ero proprio io, che la newsletter la stavo scrivendo e inviando ai miei lettori.
Così da un giorno all’altro ho cambiato modello: mi sono messa a raccontare le storie di piccoli business che potevano insegnare qualcosa a chi avesse voglia di leggerle – una storia in ogni newsletter. Diversi lettori mi hanno detto che era meglio prima, e capivo il loro punto di vista: se i link erano risolutivi, chiudevano delle questioni, davano delle risposte, la storia invece apriva a nuove domande, non si risolveva in sé, finivi di leggerla e nella migliore delle ipotesi avevi qualcosa in più a cui pensare.
Sono andata avanti per la mia strada: a dispetto delle opinioni dei miei lettori ho preso il sentiero buio che attraversa il bosco. E a due anni di distanza posso dire con certezza che ho fatto bene: la mia newsletter è cresciuta, ha ancora molte cose da dire, diverte gli iscritti che mi rispondono a ogni invio. Sta funzionando.
Andare per esclusione
Certo, ricevere un’opinione negativa – specialmente da qualcuno che fino a quel momento ti ha seguito, e che adesso ti informa che ciò che fai non gli piace più – fa vacillare le certezze di chiunque.
Per capire cosa fare in quei momenti io mi sono data questo metro di giudizio: la persona che mi sta dando la sua opinione rientra nell’insieme delle persone che voglio raggiungere da ora in poi? Oppure fa parte del passato?
Il target si può infatti definire anche per esclusione: un po’ come nella scena di Glow, si può capire meglio qual è la direzione grazie al fatto che la persona con cui ti stai confrontando ha opinioni che vanno in una direzione opposta, e che per opposizione illuminano la strada che devi percorrere.
Il mio invito, al prossimo parere negativo che riceverete, è di prendere in considerazione questa risposta:
«No ma tu non hai voce in capitolo, mi serve solo qualcuno con cui essere in disaccordo per chiarirmi le idee.»
Non per darla davvero, sia chiaro, ma per recitarla in testa. Se è una risposta che in quel caso funziona, allora vuol dire che quell’opinione appena ricevuta si può prendere in considerazione, sì, ma per fare il suo esatto contrario.
[…] amica e consulente in marketing (lei sì, con la C maiuscola) Enrica Crivello nel suo articolo ‘Scegliere il target per esclusione’. Vuoi partecipare al processo decisionale? “…Ma non avrai voce in capitolo, mi serve […]