A chi mi chiede com’è Torino

A chi mi chiede com’è Torino io racconto di quella volta che dovevo andare a un evento, una specie di mercatino chic.

A chi mi chiede com’è Torino io racconto di quella volta che dovevo andare a un evento, una specie di mercatino chic.

Un’amica che partecipava al mercatino mi invita, io dico sì, mi segno la data sul calendario, e poi quando viene il giorno ci vado. Era un sabato pomeriggio e il mercatino era in centro, e questo ti faceva capire da subito la serietà dell’evento, perché per i torinesi veri tutte le cose che si svolgono fuori dal centro sono praticamente in provincia: non ci si va, perché «non ho ben presente cosa c’è oltre la Gran Madre». (Via Po: centro. Piazza Carlina: centro. Via Maria Vittoria, che è a 20 metri da via Po: non centro. Non chiedetemi perché.)

Vado all’indirizzo dell’evento e capisco che si tratta di un interno cortile (traduzione: è una cosa intima e curata). Il cancello è chiuso. Ho sbagliato giorno? No. Ho sbagliato indirizzo? No. Mi guardo intorno per cercare eventuali locandine dell’evento, ma niente. Non c’è un volantino, non c’è un biglietto, non c’è niente di niente che faccia capire che l’evento è proprio lì, e sulla citofoniera in ottone non ci sono nomi, solo numeri.

Passeggio un po’ davanti al cancello, che fare? Non posso tirare pacco alla mia amica. La chiamo, il suo telefono non prende. I minuti passano, mi sento un po’ scema. A un certo punto, vivaddio, dal cancello escono due persone: approfitto del varco per infilarmi nel cortile, furtiva e colpevole. Entrare senza che ti abbiano aperto: nel sistema di valori torinese a questo punto sono un’anarchica-dei-centri-sociali. Per rimediare cerco una persona qualunque a cui chiedere scusa e dire qualche gentilezza, ma lì intorno non c’è nessuno.

Attraverso il cortile, c’è solo una porta, quindi vado lì. La porta è chiusa (no insegne, no volantini, no locandine). Busso, niente. Aspetto un po’, niente. Poi qualcuno, forse per caso, apre la porta: finalmente posso entrare nel mercatino! Il mio pensiero viene interrotto da una ragazza che mi guarda e mi dice «salve» (traduzione = lei chi è?). Le dico salve, sono stata invitata dalla mia amica, e finalmente eccomi dentro.

Al mercatino ci sono un sacco di cose belle, fatte bene, con cura. Ci sono i designer e puoi chiedergli come hanno fatto le cose, è interessante. Sarebbe bello che ci fossero anche delle persone per poterle comprare quelle belle cose, ma tranne gli espositori, le loro mamme e me non c’è nessuno. Forse gli altri hanno trovato il cancello chiuso e sono andati via, o forse non hanno mai saputo del mercatino.

Ecco, Torino è così.

Iscriviti alla mia newsletter

Iscrivendoti accetti l'informativa sul trattamento dei dati personali