C’è una situazione paradossale in cui ci si trova quando si è agli inizi di qualcosa (un nuovo lavoro, un nuovo incarico, una posizione diversa): nessuno ti dà credito perché ti manca l’esperienza, ma come fai a farti l’esperienza se nessuno ti dà la possibilità di farlo?
Non dipende (solo) dagli altri
La prima cosa da dire è che il fare esperienza non dipende (solo) dagli altri. Detta in altre parole: non puoi aspettare che l’esperienza ti cada dal cielo, devi tirarti su le maniche e andare a cercartela.
Ad esempio. Quando ho iniziato a fare questo lavoro non avevo manco un cliente (come è normale che sia), avevo però l’esperienza della creazione di un blog e della gestione della sua piccola redazione. Quando durante una riunione volevo portare a casa un cliente gli parlavo non solo del mio passato in agenzia di comunicazione (in cui però facevo tutt’altro: mi occupavo dell’ufficio stampa, che quindi non mi dava grossa credibilità come futura SMM), ma anche di come da zero ero riuscita a fare arrivare questo blog a tot lettori, e di come il suo taglio editoriale e la sua comunicazione online mi avevano fatta arrivare a partecipare come opinionista a una trasmissione su Sky.
In altre parole: il mio lavoro da dipendente non mi aveva dato l’esperienza che mi sarebbe piaciuto avere, allora ci avevo pensato da sola a procurarmela. Mi ero creata un’occasione per mettermi alla prova con un campo che mi piaceva, in cui avrei voluto lavorare davvero, e in cui quindi mi interessava farmi le ossa (sacrificando moltissimo tempo libero).
La linea da non scavalcare
Quando ricevo email che mi chiedono «come faccio a farmi un portfolio clienti se nessuno mi permette di fare esperienza» mi dispiaccio, perché mi rendo conto che siamo poco abituati a pensarci come artefici del nostro destino: c’è sempre qualcun altro che deve pensare a noi e darci qualcosa che da soli non siamo capaci di prenderci. Non nascondo che questo sentimento di impotenza mi fa innervosire, e mi verrebbe da rispondere: non sei impotente, sei capace, vai a prenderti le cose di cui hai bisogno.
Ma riconosco anche che in questo essere così proattivi c’è il rischio di scavallare e vendersi per ciò che non si è.
Ad esempio. Sarebbe stato disonesto vendermi come «esperta» di blogging: avevo alle spalle la gestione di un blog, e di quel mio caso conoscevo tutto e sapevo esattamente come muovermi, ma non avevo mai lavorato ad altri blog. O ancora, sarebbe stato disonesto dire che sapevo coordinare delle redazioni: sì, avevo coordinato una piccola redazione di cinque membri, ma la mia esperienza era limitata a quel caso, e non andava allargata ad altro.
Il confine tra farsi artefici del proprio destino e vendere fumo secondo me risiede in quel corridoio che sta tra la descrizione e la generalizzazione di un’esperienza. Nel momento in cui prendi l’esperienza che ti sei procurato e la rivendi come se fosse una pellicola elastica, arrivando ad applicarla a una circonferenza molto più ampia di quella in cui ti sei mosso, lì secondo me stai scavallando.
Hai trovato il nome perfetto per la tua attività e lo hai fatto al primo colpo? Sei stato bravissimo, ma questo non ti rende esperto in naming.
Fino a dove è onesto arrivare?
Secondo me la cosa più onesta da fare sempre è vendersi per ciò che si è, enfatizzando molto le proprie capacità: non snaturandole, non diminuendole; esaltandole. Faccio due esempi di “dialoghi tipo” che secondo me sono onesti e valorizzanti al tempo stesso.
Esempio 1. «Sono riuscita a fare questo blog da sola, l’ho costruito usando WordPress con le mie mani, e da questa esperienza ho imparato molto, anche perché l’ho ridisegnato tre volte, quindi ho potuto testare soluzioni diverse e capire cosa funzionava meglio. Quindi sì, mi sento pronta a pendere in carico questo lavoro e fare il sito per la tua gelateria: è un sito sicuramente diverso, ma se decidiamo a monte quali saranno i contenuti sarò in grado di personalizzare un tema di WordPress che sceglieremo insieme prima di iniziare.»
Esempio 2. «Ho fatto crescere il mio account Instagram da zero a diecimila follower in un anno. L’ho fatto puntando molto sui temi che interessavano al mio pubblico, che sono riuscita a individuare grazie a un ascolto attento e un buon uso dello strumento. Posso prendere in carico il tuo account Instagram, ma sia chiaro che è la prima attività diversa dalla gestione più personale che ho avuto fino ad ora, e non garantisco gli stessi risultati.»
Nel primo caso non mi definisco web designer, nel secondo caso non mi definisco Instagram expert. Magari lo diventerò, ma non lo sono ancora: le esigenze a cui ho dovuto rispondere e le soluzioni che ho dovuto trovare non sono abbastanza numerose per potermi dire “esperta” di qualcosa.
Il talento è prezioso, ma è il suo incontro con il lavoro costante nel tempo e con gli imprevisti che il lavoro stesso comporta a costruire quell’esperienza che ti rende non solo capace, ma solido. E la solidità è l’arma più preziosa che puoi avere.